“Non c’è bisogno di soffrire per essere un poeta; l’adolescenza è una sofferenza bastante per chiunque.”
John Ciardi
Il poeta americano John Ciardi, con queste parole, in modo onesto ed efficace, ha saputo esprimere cosa vuol dire essere adolescente; l’adolescenza è certamente una fase complicata della vita in cui viviamo ogni sorta di emozione nel modo più amplificato possibile, senza poter comprendere del tutto ciò che accade dentro e fuori noi stessi.
Senza dilungarsi in differenziazioni tra maschi e femmine, condizione familiare o sociale, si può dire con certezza che la fase di sviluppo o transizione che definiamo adolescenza è caratterizzata da un’immensa confusione da dentro a fuori.
Ricordo con precisone, durante il mio periodo adolescenziale, la costante sensazione di inadeguatezza nei confronti di qualsiasi situazione sociale, dal rapporto con i miei genitori a quello con i miei pari, gli altri adolescenti confusi, arrabbiati e costantemente in guerra col mondo, chi più chi meno, ma di certo lo eravamo tutti, ma il mio vero incubo era la scuola.
La scuola per me era un luogo difficile, eravamo tutti nella stessa condizione, tantissimi ragazzi e ragazze costretti insieme per ore ad osservare l’uno i comportamenti dell’altro, a soffermarci sui difetti e le antipatie verso il prossimo, piuttosto che comprendere le difficoltà di ognuno di noi e affrontarle insieme e, come se non bastasse tutto questo, c’erano i temutissimi professori che ai nostri occhi risultavano dei robot giudicanti senza sentimenti, pronti a farci sentire degli inetti appioppando un bel 2 ogni qual volta fosse stato possibile. Quello della scuola era un luogo difficile poiché tutto quello che accadeva lì si rifletteva nel rapporto con la mia famiglia.
A tratti anche i miei genitori, ai mei occhi, si trasformavano in cyborg incapaci di vedere e di capire tutto quello che stava accadendo dentro di me.
Facendo un balzo in avanti, solo oggi capisco quanto era importante per me trascorrere quella fase così complicata della mia vita (come della vita di tutti gli adolescenti), accompagnato da un adulto vedente, che ricordasse davvero cosa volesse dire essere né adulto né bambino, una via di mezzo da cui era impossibile tornare indietro e che rendeva complessa la possibilità di proiettarsi nel futuro; una figura valida che mi aiutasse ad uscire dal mio egoismo adolescenziale e che mi consentisse di comprendere e percepire anche le difficoltà degli essere umani, soprattutto adulti, come i professori e i genitori che avevano il compito di prepararci all’età adulta con non poche difficoltà.
A distanza di anni posso dire di essere diventato quell’adulto valido, capace e vedente mosso dal desiderio di aiutare tutti quegli adolescenti e quei genitori alle prese con questo periodo così difficile che sembra essere un dialogo tra tribù con lingue e culture troppo differenti (adulti e adolescenti).
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